(da registrazione)
Carissimi fratelli e sorelle,
in questo momento così emozionante di inizio del Giubileo e del cammino della nostra Diocesi, siamo giunti in Cattedrale, pellegrini della Speranza, per celebrare «la santa Eucarestia come solenne apertura dell’Anno giubilare» (cfr. Spes non Confundit, n. 6), così come ha suggerito Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo “Spes non confudit (la Speranza non delude)”.
Il segno del radunarsi, prima del pellegrinaggio che ha preceduto questa celebrazione eucaristica, ha sottolineato l’urgenza della nostra comunità diocesana, tanto bisognosa di convocazione e ritrovo. Tale sottolineatura è fondamentale per comprendere lo spirito pastorale, ma anche culturale, che intendiamo alimentare attraverso i percorsi e le celebrazioni durante questo anno di Grazia: dove convochiamo, nella dispersione e nella frammentazione, i nostri fratelli e sorelle? Dove ci convoca lo Spirito Santo? Dove ci ritroviamo per iniziare il nostro pellegrinaggio di “esuli”, desiderosi di ritornare a casa?
Il suono dello Jobel, il corno del Giubileo che annuncia la fine di ogni schiavitù dando inizio al rientro, ci ricorda che è tempo di ritornare: «Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia» (Lev 25,8-10). Forse, siamo così contaminati e frastornati dalle culture dominanti e sgretolanti del profitto che abbiamo dimenticato da dove veniamo, dove andiamo, dov’è la nostra origine. Forse, dovremmo ricordarci che per essere significativi, oggi più che mai, dobbiamo ritornare al nostro Battesimo, che abbiamo dimenticato: il Battesimo ci ricorda a chi apparteniamo, chi siamo e a che cosa siamo chiamati. Ci siamo abituati ad una vita da schiavi, tanto da non profumare più di libertà! Come naufraghi ci aggrappiamo a qualche apparente sicurezza che prima o poi ci porterà alla deriva. Nel crepuscolo della Fede, poiché le tenebre avanzano e molti non alimentano più la luce che le possa squarciare, noi cristiani siamo stati convocati dallo Spirito Santo per liberarci da ogni oppressione e ritornare a casa, per rinnovarci nel dono della Speranza che non delude, perché non apparteniamo a questo mondo, apparteniamo a Dio! Il dono della Speranza che custodisce le promesse di vita è il dono a cui Gesù ci ha consegnato prima di ascendere al Padre e solo perseverando in Essa non moriremo e ci salveremo (cfr. Mt 24,13). La certezza ci viene proprio dalle parole del Prologo del Vangelo di Giovanni che abbiamo proclamato il giorno di Natale. Esso rappresenta e sorregge il nucleo fondamentale della Speranza cristiana: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,4-5).
Sì, le tenebre non l’hanno vinta! Gesù ha vinto le tenebre, le oscurità: Egli è la nostra Luce, è Lui la Speranza che non delude; non possiamo, dunque, ignorare le sue parole che ci invitano a «non temere», a «lasciare tutto per seguirlo», a «dare la nostra vita per non perderla», a rimanere, camminando, nella luce, perché le tenebre non ci sorprendano (cfr. Gv 12,35).
Il Vangelo di oggi, Festa della Santa Famiglia, ci presenta lo smarrimento di Gesù da parte di Maria e Giuseppe, mentre tornavano da Gerusalemme. Stupisce, al loro ritorno, l’ovvietà della risposta di Gesù (quasi scontata, ma non per Maria e Giuseppe e neanche per noi): «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Quando ignoriamo la natura di Gesù, vero Dio e vero uomo – durante quest’anno giubilare celebreremo anche l’anniversario del Concilio di Nicea (325) – siamo pervasi dall’angoscia; rischiamo di perderlo di vista, proprio come è successo a Maria e a Giuseppe, che, non trovandolo tra la Carovana, vanno in panico, come può succedere a qualsiasi genitore che smarrisce il proprio figlio. Incontrandolo Maria dice: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). Questo succede anche a noi quando ci soffermiamo sull’aspetto umano di Gesù, dimenticando che Lui è vero Dio e vero uomo.
Il suono dello Jobel ci richiama, dunque, alla contemplazione del Mistero di Cristo, ci invita a liberarci dalle riduzioni e dalle limitazioni che i nostri immaginari hanno posto anche alla figura di Gesù, il Vivente nella tradizione della Chiesa, realmente presente nel Sacrificio eucaristico, che si propone al nostro atto di Fede, il cui significato, oggi, nel tempestoso mare del relativismo delle opinioni che pervadono le piattaforme digitali della comunicazione, reclama il riscatto dell’Iniziazione cristiana dalle pratiche catechistiche finalizzate alla sola celebrazione dei Sacramenti e la riscoperta del Simbolo della Fede, perché la nostra adesione di fede sia consapevole, tangibile e totalizzante: dovremmo avere il coraggio di ritornare all’esperienza cristiana della sequela di Cristo – siamo discepoli! – per evitare ogni riduzionismo della Chiesa a semplice agenzia filantropica o, peggio ancora, sociale.
Il suono dello Jobel ci risveglia alla missione evangelizzatrice del mondo, per far risplendere la luce di Cristo e illuminare i popoli che camminano nelle tenebre degli orrori causati dalla cecità dell’essere umano che non è più capace di vedere Gesù: e dove manca Cristo, e soprattutto dove i cristiani si riscoprono fragili, deboli, insignificanti, l’oscurità avanza e, perdendo di vista i volti dei fratelli e delle sorelle, iniziamo ad alzare le mani l’uno contro l’altro per paura, per odio, o forse semplicemente per sopravvivere alle nostre insicurezze. Ed ecco, allora, lo scenario dei tanti volti e delle tante mani che si alzano contro i nostri fratelli: le guerre, le violenze, l’incremento mostruoso dell’aborto, la prospettiva dell’eutanasia, la solitudine, gli abbandoni, gli abusi, il divorzio, l’egoismo, il sopruso e soprattutto lo sfruttamento insensato delle risorse della Terra: tutto questo buio esige di essere riumanizzato. C’è bisogno di piangere per far riemergere l’umano che è in noi. Facciamo risplendere, dunque, la luce della Fede, perché i nostri cammini si aprano alla Speranza della vita e il nostro futuro sia riscattato dalla morte! Gesù ha sconfitto per sempre la morte e ci chiede di credere, di aderire totalmente a Lui, nostra Luce e nostra Vita.
Il suono dello Jobel ridesta il nostro futuro dalla rassegnazione, lo riscatta, facendo germogliare la novità del Vangelo della Speranza che rimane, per tutti noi, un richiamo alla vita e alla gioia, un appello alla Speranza dei cieli nuovi e terre nuove, dove si «godrà e si gioirà sempre» (Is 65,18) e non vi sarà più lutto, così come ci ha promesso Dio: «Cambierò il loro lutto in gioia» (Ger 31,13).
Risuoni, dunque, il suono dello Jobel in tutte le nostre comunità, perché si aprano nuovi varchi all’interno dei confini della delusione e tra le mura che ci tengono prigionieri della paura, dello scoraggiamento e, tante volte, anche della vergogna di essere cristiani.
Coraggio, Chiesa di San Marino-Montefeltro, il Signore ci invita ad alzare lo sguardo e a ritornare alla sorgente rigenerante della Fede, perché il futuro possa essere una benedizione.
Gridiamo con forza al Signore quanto è stato proclamato oggi durante il canto dell’Alleluia: «Apri, Signore, il nostro cuore, e accoglieremo le parole del Figlio tuo» (cfr. At 16, 14b), permetteremo alla Grazia di risollevarci dalla polvere e dai funesti destini di una storia senza Dio. È l’ascolto autentico della Parola di vita che ridona tensione e dinamicità alla Chiesa in mezzo alle vicende di questo mondo sempre più logorato da una cultura secolarizzata, che guarda solo all’immanente, dove gli uomini e le donne soccombono rinunciando ad ogni istanza di trascendenza.
Talità kum – direbbe Gesù guardandoci – alzatevi e camminate: è l’imperativo del Risorto alla nostra Chiesa, oggi, in questo giorno di apertura del Giubileo, mentre ci incamminiamo come popolo dell’alleanza verso la sorgente della vita, il nostro Battesimo.
La Cattedrale di Pennabilli, la Cattedrale di San Leo, la Basilica del Santo Marino, i Santuari diocesani diventino per tutta la nostra comunità diocesana la sorgente della riconciliazione e del ritorno alla Fede ricevuta in dono nel giorno del Battesimo. Vorrei, però, per sottolineare la dimensione salvifica della Fede, offrire ad alcuni luoghi-simbolo e profetici della forza della Fede un’ulteriore possibilità di essere luoghi giubilari: luoghi inediti, ma veri e significativi.
- La famiglia, Chiesa domestica: il giorno di Pasqua, tutte le famiglie cristiane che avranno partecipato alla Messa riceveranno dal parroco la preghiera con la quale, rientrando a casa, luogo in cui si nutre e si matura nella Fede – luogo giubilare della Speranza per quel giorno – potranno lucrare l’indulgenza. Pertanto, il giorno di Pasqua – giorno nel quale si riceve la Fede – le famiglie saranno “santuari giubilari”.
- Il fonte battesimale: il giorno dell’anniversario del proprio Battesimo, partecipando alla Messa nella chiesa parrocchiale e rinnovando le promesse battesimali vicino al fonte battesimale, si potrà lucrare l’indulgenza giubilare.
- La riconciliazione fraterna: lo Spirito Santo ci raggiunga e ci spinga verso le persone che ci hanno ferito, verso le persone a cui non rivolgiamo più la parola e da cui ci siamo allontanati, dandoci la forza di dire: «Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Lo Spirito Santo ci dia il coraggio di andare incontro alle persone non da offesi, ma disponibili alla riconciliazione: e sarà Giubileo.
- La comunità più piccola della Diocesi, perché nessuno si senta “periferia”, ma soprattutto perché nessuno si senta dimenticato da Dio. Quel giorno tutta la Diocesi andrà verso questo luogo per far capire che, anche se vi abitassero solo due persone, Dio è là e non si è dimenticato di loro. Abbiamo bisogno di valorizzare le nostre comunità: le grandi città non danno la possibilità della conoscenza, della convivialità, della prossimità; nelle grandi città ci smarriamo nell’individualismo e ci disperdiamo nell’anonimato. Le piccole comunità sono una benedizione per il mondo, ne dobbiamo essere fieri.
- Una comunità di recupero per tossicodipendenti, dove tutti i giovani della Diocesi possano andare per mettere in discussione il loro progetto di vita.
- Le case di riposo e gli ospedali, luoghi della cura e della riconciliazione, luoghi della solitudine e della sofferenza in cui ci si può rinnovare nel dono di sé: sono percorsi autentici di speranza e consolazione (mi piacerebbe poter aggiungere tutti i circoli ACLI, dove si ritrovano anziani e giovani: non sono l’esito della sopravvivenza, ma la risposta cristiana affinchè nessuno rimanga solo).
- I pellegrinaggi: oltre al pellegrinaggio diocesano a Roma, due pellegrinaggi diocesani saranno giubilari: “La Camminata del risveglio” e “Il Cammino del Santo Marino”.
Sia il suono dello Jobel il vero augurio per questo Giubileo della Speranza: esso riaccende la gioia del ritorno, del ritorno ad un cristianesimo più autentico, profetico, perché capace ancora di annunciare la Speranza dell’amore di Dio per l’umanità. Possa, questo Giubileo, purificarci da ogni paura e tremore per ottenerci la gioia di testimoniare Cristo con tutte le nostre forze. È bello essere cristiani!
Mi auguro di vivere con tutti voi un tempo di Grazia, un tempo di ritorno alla bellezza della vita di Fede, al coraggio di essere cristiani scomodi, che sappiano ancora mettere in crisi gli sfrattanti di Dio e riaprano questa storia, tremendamente oscurata dal grido della morte, alla luce della Fede. La Chiesa, fondata da Cristo, non è in crisi, lo sappiano tutti coloro che, con le loro indagini, si soffermano sui numeri sconfortanti dei non partecipanti alla Messa e dei giovani che non ci sono. Non è in crisi la Chiesa, è in crisi, forse, il cristiano che ha smarrito il senso della propria fede.
«È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rom 13,11).





