(da registrazione)
Lc 9,11-17
Eccellenze,
esprimo il mio saluto riverente in questo giorno in cui presenziate alla nostra celebrazione, Festa nel nostro Paese, Festa del Corpus Domini. Il santo Marino attinge nella forza della profezia eucaristica ciò che voi custodite e promuovete come responsabilità per una tradizione che, rinnovata ogni giorno, ci permette di gustare la visione di quell’uomo lungimirante che ha fatto della libertà la profezia del suo spirito cristiano.
Porgo il mio saluto a voi, Ambasciatori, Segretari di Stato, membri del Consiglio Grande e Generale, Capitani di Castello, Autorità militari, a tutti voi presenti, carissimi sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose.
Voglio salutare in modo particolare i ragazzi che hanno celebrato in questi giorni la Prima Comunione. È bello accogliervi in questa festa che vi rinnova nel ricordo dell’incontro con Gesù: siate sempre custodi di quell’incontro per essere un giorno “giovani in gamba”, giovani che sanno fare dell’esperienza cristiana del Vangelo di Gesù, Colui che assiste, protegge e accompagna le vostre scelte, il fondamento dei vostri progetti di vita.
Noi tutti ci prodighiamo perché il nostro Paese offra sempre, a voi ragazzi, la possibilità di realizzare i vostri sogni.
Quest’oggi celebriamo la Solennità del Corpus Domini, ricordo di un momento particolare della vita cristiana che ereditiamo dalla narrazione dei Vangeli, che ci riportano nel Cenacolo, dove Gesù, consegnandosi all’Eucaristia, aprì nella storia un processo di rinnovamento che non parte dal subire le leggi e i precetti, ma libera l’uomo nella promessa dell’eternità. Cristo sconfigge la morte con il suo sacrificio e ci rinnova nella grazia del Sacramento che, giorno dopo giorno, ci permette di nutrire la nostra fede, di estendere la nostra visione di speranza per poter essere cristiani nella società, nel mondo, nella storia, protagonisti di un regno di giustizia e – oggi lo diciamo con molta forza – di pace. «Fate questo in memoria di me» (1Cor 11,24): è ciò che Gesù dice ai suoi apostoli, è ciò che noi riceviamo da questa Tradizione e che interpella innanzitutto la nostra coscienza, il nostro essere testimoni di speranza.
Cosa ereditiamo? Ereditiamo innanzitutto la profezia della nuova Alleanza: «Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete a questo calice – abbiamo ascoltato dal Vangelo e ripeteremo tante volte –, ogni volta che ci rinnoviamo nel memoriale di ciò che Cristo ha fatto, annunciamo il suo sacrificio, la sua Passione, in attesa della sua venuta, del tuo ritorno» (cf. 1Cor 11,26).
È questo che alimentò la vita del convertito Marino e del convertito Leone, che, giunti da lontano, si ritirarono qui unicamente per riprogettare il tempo dell’attesa del ritorno di Cristo. Il convertito è quello che attraversa la storia, si rapporta al mondo, irrompe all’interno delle problematiche quotidiane, liberandosi dalla tremenda tentazione del potere di pensare di essere eterni. L’eternità è il dono che il Signore ci fa, l’eternità è la vita eterna ed è questo che ci deve attirare e attrarre a vivere un’espropriazione di sé che ci allontana da qualsiasi tentazione di radicarci e stabilirci nei convincimenti che, il più delle volte, alimentano muri, segnano confini, ma ancora di più, cosa più brutta, alimentano ideologie. La profezia della nuova Alleanza che Cristo inaugura nel Cenacolo è veramente la profezia di un tempo orientato a Dio. Noi cristiani non possiamo fare a meno di questo, tradiremmo l’ideale del santo Marino che, rifugiandosi qui per contemplare il mistero di Cristo, dell’amore di Dio che lo aveva restituito alla sua dignità di uomo, ha potuto far nascere e costituire una comunità che si nutre e si alimenta a questa forza, la forza della Speranza. Ma il convertito diventa anche uomo che combatte la radice del peccato che è nel proprio cuore, dove ognuno di noi alimenta pensieri che diventano mentalità e dove i pensieri distorti, i pensieri offuscati, i pensieri malati e corrotti purtroppo sono la radice del nostro agire. Forse oggi per poter invocare la pace, per poter sperare un mondo di pace, dobbiamo invocare dal Signore la purificazione del nostro cuore, facendo sì che la forza del Sacramento dell’Eucaristia, di cui vogliamo nutrirci, illumini il nostro agire, illumini il nostro cuore, sgomberi questo stallo all’interno del quale abbiamo accumulato delusioni e illusioni, ma soprattutto quei rancori che alimentano l’egoismo, la superbia, la presunzione, l’individualismo, l’inganno, che fanno sì che noi, sradicati ma soprattutto frammentati, pensiamo di essere il centro di tutto. Non ci sarà pace se non ci decentriamo da noi! L’Eucaristia, nella sua spiritualità profetica, ci insegna questo: «Spezzò il pane e lo diede loro», partecipando di una vita che esige anche da noi la profezia di una partecipazione attiva che diventa condivisione, solidarietà, amore per il prossimo e per la vita, ma soprattutto bellezza della comunità.
La nostra Repubblica, il nostro Stato, si fonda sul principio di comunità. San Marino, non costruisce ma dà vita, avvia un processo comunitario che, consegnando al valore della libertà, si illumina di quell’orizzonte che solo la luce dell’Eucaristia può dare. «Vi libero da», ma soprattutto «vi libero per», vi libero dalla tentazione di chi vuole strumentalizzare la comunità, di chi vuole impedire ad una comunità di essere tale. È bello che le nostre istituzioni, da sempre – cari ragazzi, guardate le nostre istituzioni e imparate da loro! – sono a servizio per far crescere il bene di tutti e non sono il luogo dove dominiamo gli altri. È questo che ci permette oggi di essere in Europa, non insegnanti ma ancora di più testimoni, di che cos’è la comunità: partecipazione, compartecipazione, servizio, ma soprattutto gratuità di un sé che si offre per promuovere il bene.
Allora la profezia dell’Eucaristia, in questa nostra Repubblica, oggi ha questo tono: un tono di rinnovamento di un’alleanza che apre verso l’Eterno, rinnovamento dell’uomo interiore che si fa testimone, ma assume anche toni di comunione, con cui scegliamo di essere soprattutto operatori di giustizia che si impegnano come laici, come cristiani, come donne e uomini, in un mondo che va riscattato dalla morte.
Come educatori, come professionisti, come genitori, soprattutto come cristiani sentiamo forte il compito missionario che viene dall’Eucaristia per esserci negli ambiti di vita, della storia, della Repubblica, di tutto il mondo, per dar vita a processi di speranza. È questa la profezia dell’Eucaristia. Ma, se non ci nutriamo dell’Eucaristia, non potremo mai essere continuatori di un’opera che ha proprio nella conversione di Marino l’inizio, l’inizio che progredisce, che ci fa avanzare, che ci riporta all’origine e non ci smarrisce verso l’ignoto. Ritornare all’Eucaristia per noi cristiani vuol dire ripartire da dove tutto è iniziato, soprattutto nei momenti dello smarrimento, per ritrovarci in quei valori affidati al Vangelo, ai Sacramenti, in quei momenti celebrativi che ci lasciano il gusto e la bellezza di recuperare spazi di preghiera, di intima unione con il Signore, che suscitano in noi sacerdoti la disponibilità di una generosità per far crescere le nostre comunità e per non radicarsi nei nostri bisogni. Quando i bisogni personali prevalgono sul servizio alle comunità inizia la fine, la fine anche dell’entusiasmo di pastori che si immolano, come Gesù, per il bene delle loro comunità.
Ai religiosi dico: non dovete essere protagonisti di un cammino che occupa il consenso. Radicatevi e sostate davanti all’Eucaristia, perché è quello il luogo della profezia di un monachesimo e di una vita religiosa che nutre la speranza. Siamo segni, non dobbiamo inseguire.
Cari battezzati tutti, laici, a voi è data la profezia del Concilio Vaticano II che, nel primato della Parola, nella forza della celebrazione, in dialogo con il mondo, vi chiede di essere testimoni belli della speranza. Questo significa voler essere laici, superando la tentazione di un laicismo che vuole escludere Dio dalla storia e che produce gli effetti di una guerra che smarrisce l’uomo nei pensieri superbi del proprio cuore. Provveda il Signore il dono dello Spirito Santo, che vogliamo invocare oggi per il nostro amato Paese che custodisce, nel dono della libertà, tutta quanta la forza profetica del sacrificio eucaristico.