Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Eccellenza Rev.ma Mons. Petar Rajič, nunzio apostolico a San Marino,
Eccellenze e Onorevoli ospiti,
Autorità civili e militari,
sorelle e fratelli tutti,
desidero esprimere la mia più profonda gratitudine e i miei più sinceri auguri di prosperità ai nuovi Capitani Reggenti. Allo stesso modo, rivolgo un sentito ringraziamento a coloro che, nel solco della nobile tradizione della Repubblica di San Marino, hanno preservato e onorato i valori fondamentali di libertà e giustizia.
Il Vangelo di oggi ci trasmette la vicenda di un uomo, paralizzato e impedito ad accedere alla sorgente del Tempio per ottenere la guarigione; quest’uomo, straordinariamente raggiunto dalla domanda di Gesù «vuoi guarire?», risponde: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita».
In questa risposta possiamo intravedere una delle prospettive di conversione più urgenti: esserci nei bisogni degli altri, di una storia che vuole guarire dal male.
In questa presenza, attenta e sollecita, si delinea il cammino della Speranza: recuperare la prossimità, la vicinanza, la presenza nei tanti bisogni di risanamento che questo tempo richiede, perché, come afferma Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit, «i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza». Tale speranza è affidata alla nostra audacia di corrispondere ai bisogni di liberazione e di bene della nostra storia contemporanea.
Ai bordi della piscina del Tempio della Speranza, oggi, attendono per essere liberati le donne e gli uomini perseguitati dall’infuriare delle guerre che non cessano nonostante le tante vittime innocenti; l’angoscia dei ritirati sociali che non hanno la forza e il coraggio di emergere dalla loro solitudine, tra questi tantissimi adolescenti che si consumano nei dialoghi confusi e silenziosi che alimentano le loro paure e diffidenze; le nostre famiglie logorate e screpolate da uno stile di vita che ruba spazi e tempi alla custodia dell’incontro e dell’affetto; le nostre visioni sociali svuotate dai sogni di giustizia e passione per il bene perché soffocate dall’ansia di programmi da far quadrare; le fughe in avanti di quanti emigrano perché tentano di sopravvivere alla condanna a morte che la povertà ha dichiarato laddove la terra, sfruttata e distrutta, non è più madre capace di nutrire, dove solo la violenza regola il disordine pubblico degli smarriti e disperati.
Ai bordi della piscina del nostro Giubileo c’è la nostra storia, che desidera la guarigione e confida in noi, per esserci, pronti ad aiutare e sostenere il desiderio di liberazione e vita.
In questa sosta, con Gesù, ai bordi della piscina del Tempio del Giubileo della Speranza, vogliamo accogliere quanto è affermato nell’Introduzione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa per rinnovarci nell’anelito e nel proposito di custodire il valore fondante della nostra Repubblica, il dono della libertà che san Marino ci ha consegnato attraverso l’esercizio della solidarietà, che rappresenta l’anima del nostro popolo:
«Agli uomini e alle donne del nostro tempo, suoi compagni di viaggio, la Chiesa offre anche la sua dottrina sociale. Quando, infatti, la Chiesa “compie la sua missione di annunziare il Vangelo, attesta all’uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina”. Tale dottrina ha una sua profonda unità, che sgorga dalla Fede in una salvezza integrale, dalla Speranza in una giustizia piena, dalla Carità che rende tutti gli uomini veramente fratelli in Cristo: è un’espressione dell’amore di Dio per il mondo, che Egli ha tanto amato “da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). La legge nuova dell’amore abbraccia l’intera umanità e non conosce limiti, poiché l’annuncio della salvezza in Cristo si estende “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8)».
In questo tempo di Quaresima, tra le pratiche spirituali, la Via Crucis ci permette di meditare il mistero della Passione di Cristo. Mi colpisce, in questo particolare momento, l’immagine di Gesù che cade sotto il peso della Croce. Questa figura esprime efficacemente la situazione dei tanti bisognosi di guarigione e di liberazione che, aggrappandosi alla croce dell’insensatezza, vorrebbero capire, ma non trovano risposte.
Non ci sarà mai un futuro di pace per un’umanità che non si appella al perdono e al riscatto della dignità umana. Troppi cadono sotto il peso della croce, insopportabile patibolo del pregiudizio, che oltre a toglierti la vita, ti inchioda addosso un’etichetta. Tante persone, troppe situazioni storiche, cadono sotto il peso delle “croci” che piombano improvvisamente addosso, rimanendo vittime condannate all’emarginazione, al ghetto dei ranghi sociali, alle trincee dell’incomprensione.
Sentiamo ancora oggi l’urlo della sofferenza, mentre tutto sembra precipitare sotto il peso disumano della croce, ogni qualvolta le lacrime solcano il volto delle persone incomprese e abbandonate al loro destino di morte. Non possiamo continuare ad ignorare il grido dei disperati senza commuoverci: senza compassione non siamo più esseri umani, solo la compassione potrà servire il dono della libertà con l’impegno della cura e della solidarietà.
Sostenuti dalla Grazia del Vangelo, si rinnovi per tutti noi il desiderio di prossimità e vicinanza capaci di una cura che restituisce prospettive di Speranza.
Affido agli Eccellentissimi Capitani Reggenti, in questa circostanza, i miei più fervidi auspici e voti augurali, con la speranza che la fedeltà nella tutela della libertà, base della pace e della giustizia, illumini il loro cammino per il bene comune.