Omelia della S.Messa crismale

Pennabilli (RN), Cattedrale

Is 61,1-3.6.8-9
Sal 88
Ap 1,5-8
Lc 4,16-21

(da registrazione)

Ho scritto l’omelia, ma vedendo le immagini di oggi mi verrebbe da buttare tutto all’aria per commentare i segni, i segni di questa Chiesa di San Marino-Montefeltro, con i nostri sacerdoti, i diaconi, i ministri, i religiosi e le religiose, i consacrati e le consacrate, il popolo di Dio. Siamo qua! È bello che la Parola del Vangelo, portata dal diacono, ci giunge per essere accolta e per benedire. Ed è in questa dinamica di accoglienza di una Parola che ci giunge, che prendiamo tra le nostre mani e facciamo nostra, che diveniamo segno benedicente.

Diffondiamo nel mondo il buon profumo di Cristo.

Miei cari fratelli e sorelle cristiani,
carissimo fratello e padre, monsignor Andrea, che mi hai preceduto alla guida della nostra amata Chiesa di San Marino-Montefeltro, come me credo anche tu – oggi per me è la prima volta – hai respirato il tremore, ma anche la gioia, di presiedere la Messa del crisma per confermare e ripresentare al popolo santo di Dio l’ardore e la prospettiva della sequela cristiana, fonte e causa della gioia vera e piena. A te la mia e la nostra gratitudine per il tuo generoso servizio pastorale.

Cari presbiteri, «degni collaboratori – come dice la preghiera di Colletta ‒ dell’ordine episcopale, fedeli dispensatori dei misteri divini perché il popolo di Dio sia rinnovato», vi confido la mia emozione, la mia riconoscenza e il mio affetto. Siamo uniti da un vincolo sacramentale saldo e indelebile, la cui natura e il cui mistero ontologicamente non può essere infranto, non ci può essere rubato. Siamo uniti da questo vincolo proprio come la forza dell’amore è scritta nel Cantico dei Cantici che afferma: «Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore non ne avrebbe che disprezzo» (Ct 8,7). Non posso darvi nulla se non condividere con voi e per voi la gioia sacramentale che deriva dal nostro sacerdozio ministeriale, un servizio per la crescita di questa nostra amata Chiesa.

A voi carissimi fratelli diaconi, forti e perseveranti nella fede, immagine del Figlio che non venne per essere servito ma per servire, la mia riconoscenza e affetto perché ci ricordate ogni giorno la gratuità del dono del servizio, sempre solleciti e umili nel testimoniare la discrezione della carità che rifugge i primi posti e l’audience dei riconoscimenti, e perchè, come il Samaritano lungo la strada che da Gerusalemme porta a Gerico, avete risposto alla chiamata della Chiesa di consacrarvi nel servizio e nella prossimità accorciando le distanze tra il Vangelo che proclamate e la testimonianza che date nella vita quotidiana.

Voi carissimi consacrati e consacrate, religiosi e religiose, che attraverso la professione dei consigli evangelici anticipate con la vostra esistenza, nell’attesa del ritorno di Cristo, le sue promesse di gioia, affidate alle beatitudini del Vangelo, siate fedeli al sorriso e alla gioia, siate fedeli alla fraternità vostra e al vostro carisma che, con generosità e predilezione da parte di Dio, mettete a servizio di questa comunità diocesana. Abbiate pazienza, però, se non sempre riesco ad essere premuroso e attento alle vostre esigenze. Vi chiedo scusa. Voi siete una benedizione della misericordia del Padre, che provvede al nostro bisogno di slanci e segni per la perfezione nella carità, in quella prospettiva trinitaria che si realizza consacrandosi ogni giorno e solamente nella fraternità esercitata nella solidarietà.

A voi carissimi Paolo e Alessandro, giovani in cammino nel discernimento vocazionale, per rispondere alla chiamata del Signore al sacerdozio ministeriale: custodite il mistero della celebrazione odierna per comprendere e aprirvi sempre più con generosità alla grazia e alla prospettiva della vita presbiterale. E spero che tanti giovani – grazie perché ci siete, menomale che ci siete voi! ‒ possano, guardando a voi, considerare la chiamata al sacerdozio ministeriale, al matrimonio e alla vita consacrata.

Percorro, con queste litanie di lode e gratitudine, le singole comunità parrocchiali, i vostri nomi santi ‒ quelli ricevuti durante il Battesimo ‒, ma sarebbe un elenco lunghissimo… Sappiate che ogni volto, ogni persona, ogni ministro istituito o collaboratore parrocchiale, tutte le nostre famiglie cristiane mi stanno a cuore e oggi chiedo per tutti la grazia che, insieme ai sacerdoti, ai diaconi, a tutto questo popolo santo di Dio, possiamo rinnovare il dono del Battesimo che ci ha fatto figli elettivi della vita eterna.

A tutti noi cristiani, unti mediante il sacro crisma, discepoli del nostro Signore Gesù Cristo, oggi «davanti ai nostri occhi si manifesta il mistero della Chiesa, popolo santo della nuova Alleanza che, partecipando del sacerdozio ministeriale, dono di Cristo alla sua Sposa, testimonia nel mondo la sua opera di salvezza diffondendo il profumo della santità».

Colpisce, sin dall’inizio di questa celebrazione, la visione e la missione testimoniale del battezzato, l’unto di Cristo, all’interno della storia del mondo, tra le vicende quotidiane da permeare e fecondare nella Speranza del Vangelo, di cui siamo pellegrini e testimoni, perché, come afferma l’apostolo Giovanni, Gesù Cristo ha fatto di noi un Regno e ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre. E questo comporta da parte nostra l’assunzione degli impegni della vita cristiana per riaprire i cuori rassegnati e invidiosi delle donne e degli uomini feriti dalle tragedie contemporanee alla luce della Pasqua.
Dopo la Comunione eucaristica pregheremo con queste parole: «Concedi, o Dio onnipotente, che, rinnovati dai santi misteri, diffondiamo nel mondo il buon profumo del Cristo».

L’immagine del profumo, la sua natura contagiosa e caratterizzante, ispira con forza e immediatezza il valore della presenza significativa di noi cristiani nel mondo che, per spandere il buon profumo di Cristo, ne dovremmo essere profondamente impregnati. A volte, di fronte ai fallimenti e alle tante delusioni pastorali, dovremmo chiederci se siamo veramente impregnati di Cristo e del suo Vangelo. A volte siamo più ricoperti dal nostro maleodorante narcisismo, che consuma e distrugge per amore proprio: autoreferenzialità, gelosia, ideologia, ripiegamento sulle proprie ragioni, chiusura e soffocamento di sé nelle traiettorie individualistiche di quelle che riduciamo e giustifichiamo spesso come sensibilità carismatiche, ma non hanno nulla a che vedere con il servizio e la traduzione dei carismi suscitati dallo Spirito Santo, mossi per la crescita della Chiesa e del Regno di Dio.

Il profumo di Cristo che dovremmo diffondere sfida la tentazione che mettiamo in atto quando tradiamo il senso della Chiesa, cioè la comunione tra noi battezzati, unico popolo sacerdotale, chiamati all’unità, non all’omologazione, per crescere nella potenza pasquale del sacrificio eucaristico, sacramento dell’unità, come nuove creature. E queste creature nuove siamo noi, gli unti cristiani, che penetrati e santificati, liberi dall’antica corruzione e consacrati tempio della gloria di Dio, dobbiamo spandere il profumo di una vita santa.

Forse, oggi più che mai, mentre il mondo organizza una comunicazione denigrante della Chiesa, a partire da questo nauseante odore narcisistico, il profumo della santità potrà, mediante l’unzione degli infermi, confortare nel corpo e nello spirito gli sfiduciati a causa dell’errore e della violenza, dell’ingiustizia e dell’odio, liberando da ogni malattia, angoscia e dolore, mediante l’unzione dei catecumeni sostenere e dar vigore ai tanti che attendono di rinascere e vivere nella Chiesa per assumere con generosità gli impegni della vita cristiana, mediante l’unzione crismale far crescere il popolo dei salvati perché si compia in essi il disegno del tuo amore e la loro vita, integra e pura, sia in tutto conforme alla grande dignità che li riveste come re, sacerdoti e profeti.

All’inizio dell’anno pastorale il testo biblico dell’Ascensione di Gesù ci ha riconsegnati al suo mandato missionario: «Andate e fate discepoli tutti i popoli», ed oggi, in questa celebrazione, ci rinnova come discepoli e apostoli perché partecipi del suo ministero di salvezza, conformandoci sempre più all’immagine del Figlio di Dio, crescendo come creature nuove, possiamo diffondere nel mondo il buon profumo di Cristo per rimuovere dal mondo il nauseante odore della morte che, seminando paura e violenza, costruisce terribili sepolcri di solitudine e di tristezza.

Attingiamo, alla benedizione degli oli, quelle che potrebbero essere le coordinate di una missione pastorale capace di osare la speranza in questo tempo di sfiducia, dove il vento e lo stridore della morte avvolge i chiarori nascenti del popolo pasquale chiamato ad illuminare di fiducia gli orizzonti del futuro, di un tempo e di una storia troppo ferita e lacerata dalla follia dell’idolatria di sé che diventa morte. Invochiamo la pace.

Noi cristiani sentiamo la forza dello Spirito Santo che ci sospinge ad uscire dalle nostre paure per agire, ma come testimoni della speranza, per un servizio missionario e pastorale profumato della potenza degli oli che benediciamo oggi. Siano la nostra testimonianza e il nostro agire cristiano confortanti e liberanti per la potenza dell’olio degli infermi, capaci della forza ed efficacia dell’olio dei catecumeni per dare vigore e luce di sapienza ai fratelli e alle sorelle che, raggiunti dall’annuncio del Vangelo, chiedono di essere accolti nelle comunità cristiane, capaci di confermare e consacrare noi battezzati, perché la nostra testimonianza, rivestiti della dignità di re, sacerdoti e profeti, compia il disegno di amore del Padre: salvarci dalla morte.

A questo punto, miei cari, permettetemi di rivolgermi ai nostri e ai miei sacerdoti, a voi che rinnoverete le promesse sacerdotali davanti a me, vostro Vescovo, e al popolo santo di Dio. Dirà l’introduzione esortativa per il rinnovo delle promesse: «La liturgia vi colloca tra noi, popolo di Dio e Vescovo, per rinnovarvi nelle promesse sacerdotali, cioè per rivivere, nella novità di oggi, ciò che avete promesso nel giorno della vostra ordinazione». È questo l’uomo dell’oggi che chiede alla nostra fedeltà di consacrati mediante l’ordine presbiterale di corrispondere in maniera significativa e robusta alle sfide che i tempi odierni esigono dal nostro ministero. Non ci può essere un vero rinnovamento profetico se risulta una ripetizione di formule spesso rinchiuse nel ricordo del passato. La forza e la grazia attualizzante di fedeli dispensatori dei misteri di Dio per mezzo della Santa Eucaristia e delle altre azioni liturgiche, per adempiere il ministero della Parola di salvezza sull’esempio di Cristo, capo e pastore, lasciandovi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli esige, da parte nostra, obbedienza al Vangelo e alla storia per essere il buon profumo di Cristo nel mondo.

Mi soffermo sull’intensità della parola “obbedienza” che, lungi da ogni prospettiva di sottomissione e remissione, invoca da parte nostra lo slancio sinodale della comunione, la credibilità e lo sconcerto umano dell’amicizia presbiterale, la forza profetica della fraternità con tutti, ma soprattutto la gioia e lo slancio, come dice Paolo, di «farsi tutto a tutti per guadagnare ad ogni costo qualcuno» (cf. 1Cor 9,22).

Miei cari, guardando al prosieguo del nostro cammino, elevo ancora per tutta la nostra amata Chiesa di San Marino-Montefeltro, sotto la protezione dei nostri Patroni, Marino e Leone, e della Beata Vergine Maria Santissima, qui a Pennabilli invocata come Santa Maria delle Grazie, la preghiera di Colletta dell’odierna celebrazione, perché il nostro ritorno al quotidiano possa essere per tutti noi cristiani sconvolto dall’impegno di essere buon profumo di Cristo.
Ci dia, il Signore, l’ardore di essere cristiani belli e profumati. Concedici, Dio Onnipotente, che, rinnovati dai santi misteri, diffondiamo nel mondo il buon profumo di Cristo.

Via Roma, 47864 Pennabilli Poggio Gattone, Emilia-Romagna Italia