Omelia nella Veglia dei Giovani per la Festa di San Marino

San Marino Città (RSM), Basilica del Santo Marino, 2 settembre 2025

(da registrazione)

Cari giovani, grazie per la vostra presenza in questo momento in cui vogliamo raccoglierci intorno ad uno dei nostri due patroni della Diocesi, Marino (San Leone l’abbiamo festeggiato insieme il 1° agosto). Siete convocati, come giovani, perché la vita e l’esempio di san Marino possano ispirare il vostro cuore.

Proviamo a fare un esercizio di immaginazione. Immaginiamo Marino insieme al suo amico Leone, nella loro terra, la Dalmazia. Proviamo ad immaginare i loro sogni: chi avrebbero voluto essere da grandi? In che maniera vivevano la loro vita? Perché hanno lasciato la loro terra e sono giunti a Rimini? Come mai l’esperienza dell’incontro con Gesù ha cambiato la loro vita? Domande familiari a ciascuno di noi… San Giovanni Paolo II, il Papa che ha accompagnato molti di noi attraverso le GMG, affermava che un modo per rimanere giovani non è quello di misurarsi con l’età, ma quello di avere un cuore giovane. Un cuore giovane è un cuore capace di domande importanti. Come Marino e Leone, come san Giovanni Paolo II, ognuno di noi cerchi di focalizzare le domande essenziali: cos’è veramente importante per me? Cosa voglio fare della mia vita? Chi sogno di essere?

Facciamo un passo ulteriore. Immaginatevi tra cinque anni. Chi sarete? Cosa avrete fatto? Dove sarete? Marino e Leone ci trasmettono il segreto che dovrebbe caratterizzare la vostra età. Tutti pensano di dover organizzare la vostra vita, tutti vogliono esservi maestri, tutti vogliono dirvi cosa dovete fare: chiudete le orecchie, non date ascolto a nessuno! Gli unici che meritano la nostra attenzione sono loro, Marino e Leone, che non hanno chiesto agli altri di fare, ma hanno chiesto a sé stessi, a partire dalle loro domande, di essere. Ed è questo che ha provocato l’incontro con il Signore e ha fatto decidere loro di essere cristiani. Marino e Leone, all’inizio, hanno visto cristiani felici, completi, che non erano distrutti dentro nonostante la povertà e l’emigrazione; hanno incontrato cristiani che credevano nel Vangelo e non avevano paura di lasciare tutto per essere nuovi. Anche Marino e Leone credevano nel Vangelo. Chi li vedeva felici si poneva domande, desiderava ascoltarli, capire cos’era successo nella loro vita. Noi guardiamo i santi non perché sono persone straordinarie, ma perché la loro esistenza continua a trascinare anche noi e ci fa chiedere: «Che cosa è successo nella loro vita?». Sono un aiuto per entrare nel nostro progetto di vita e iniziare a rispondere a quelle domande: tra cinque o sei anni chi sarò? Cos’avrò fatto? Sarò un deluso oppure una donna o un uomo felice?

Le delusioni sono il frutto di chi ha rinunciato a sé stesso, di chi è rimasto imbrigliato negli schemi del mondo, di chi ha rinunciato a dare ascolto al proprio cuore e ha risposto alle regole del mondo per essere accettato, per essere visto, per essere importante. È così che si perde la propria originalità.

Marino, quando ha incontrato Gesù attraverso la predicazione del Vescovo di Rimini e dei cristiani, ha ritrovato se stesso, ha capito che doveva lasciare tutto e si è ritirato qui, sul monte Titano, non solo per continuare il suo lavoro di scalpellino, ma soprattutto per vivere nell’ascolto di Dio e nell’ascolto di sé. Ed è stato questo incontro con il Vangelo a generare il santo che è stato.

Questa sera, cari ragazzi, vorrei condividere con voi il mio sogno (anch’io porto nel cuore dei sogni!), dopo un anno che sono qui con voi. Il mio sogno è che tra cinque anni siate donne e uomini felici che, come abbiamo pregato all’inizio della celebrazione, continuino l’opera di san Marino. Ma se non conosciamo l’opera iniziata da san Marino come possiamo continuarla e completarla? Cos’ha fatto San Marino? Abbiamo diversi motivi per ringraziarlo: dobbiamo ringraziarlo per il dono della libertà, per il dono della nostra Repubblica e perché, insieme a san Leone, ha dato vita alla nostra Chiesa di San Marino-Montefeltro. Faccio notare che loro hanno dato inizio ad un cammino di libertà che va oltre i confini, oltre gli schemi, oltre i trattenimenti: il cammino del credente, cominciato da san Marino, è un cammino che è libero e che libera. È questo ciò di cui abbiamo bisogno, di essere amici, amici della gente, amici della storia, amici del mondo, ma con questo atteggiamento: portare avanti relazioni libere e liberanti. Tutto il resto è un trattenimento schiavizzante, che riduce il sorriso dei vostri volti a quell’estenuante condizione di chi è soggiogato dai potenti, dai forti, da chi non vi conosce per nome, da chi vi considera esclusivamente un numero per fare profitto. Non seguite nessuno, abbiate il coraggio di seguire solo Gesù e il suo Vangelo. Nella Chiesa, la comunità dei battezzati fondata da Marino e Leone, ci è data la possibilità di crescere come cristiani, come discepoli e non come fideisti che non ragionano con la propria testa. Ci dobbiamo misurare con il Vangelo, non con le aspettative degli altri.

San Giovanni Paolo II, quando parlava ai giovani dei maestri, riportava quello che diceva Gesù: «Non fatevi chiamare maestri, uno solo è il maestro», perché, quando qualcuno ci vuole insegnare qualcosa, non deve limitarsi alle parole, deve darci l’esempio. Siate ammiratori di cristiani che vi danno un bell’esempio e, guardando ai santi, coltivate la bellezza di una vita che parte dalle proprie domande, si confronta con il Vangelo della gioia e porta in sé la forza della libertà di fare una scelta personale, una scelta che non devono fare gli altri. Quando vi rapportate con noi adulti abbiate la forza di Marino, di scegliere voi e di non farvi scegliere dagli altri.

Questa sera voglio rilanciare le parole di Papa Giovanni Paolo II all’ultima GMG, a Tor Vergata, quando si consegnò al suo destino, che non era la morte ma l’incontro con il Padre: «Questa sera Roma risplende di luce e io sono felice perché sono qui in mezzo a voi, non per insegnarvi qualcosa, ma per ascoltare ciò che c’è nel vostro cuore». Tante volte noi adulti parliamo molto, ma non ci fermiamo ad ascoltarvi. Essere educatori non vuol dire solo insegnare qualcosa, ma soprattutto saper ascoltare per orientare verso Cristo, verso la gioia. Possa san Giovanni Paolo II, il santo dei giovani, ma soprattutto il nostro san Marino, benedire i vostri passi, le vostre scelte, il vostro desiderio di costruire un futuro come spazio della realizzazione del sogno della gioia, quella gioia che Gesù ci ha promesso, che appartiene solo a Dio che ce la dona: la gioia di vedervi donne e uomini felici.