Ne 2,1-8
Sal 136
Lc 9,57-62
Eccellenza Reverendissima, Nunzio apostolico in Italia e a San Marino,
Onorevoli Segretari di Stato,
membri del Consiglio Grande e Generale,
Eccellenze e Onorevoli ospiti,
Illustri Autorità civili e militari,
sorelle e fratelli qui oggi convenuti,
è con profonda stima e rispetto che desidero porgere il più fervido augurio di prosperità e buon lavoro ai nuovi Capitani Reggenti, Matteo Rossi e Lorenzo Bugli, che oggi assumono la suprema magistratura della Repubblica.
Allo stesso modo rivolgo un sentito e doveroso ringraziamento alle Loro Eccellenze, Denise Bronzetti e Italo Righi, che li hanno preceduti e che nella scia della nobile ed ininterrotta tradizione della nostra Repubblica hanno saputo esercitare il loro servizio con ferma dedizione e lodevole impegno, facendosi custodi del sistema costituzionale della nostra Repubblica, onorando in tal modo la nobile ed ininterrotta tradizione sammarinese, custodendo i suoi valori cardinali di libertà e di giustizia.
La Sacra Scrittura che risuona nell’odierna liturgia ci invita ad una profonda riflessione sulla responsabilità e sull’inquietudine.
Nella Prima Lettura la domanda che il re Artaserse rivolse al suo fedele servitore Neemia, «perché hai l’aspetto triste? Eppure non sei malato; non può essere altro che un’afflizione del cuore», interpella anche noi, qui riuniti in questo giorno solenne, interpretando i sentimenti e le preoccupazioni di tutta l’umanità di fronte agli scenari di morte e alle tragedie che angosciano il mondo.
I nostri cuori, infatti, in questo tempo di ombre e incertezze, sono addolorati dallo sconcerto generato dalle minacce di guerra e dalla violenza che insanguina diverse parti del mondo. Tali eventi funesti e desolanti rischiano di offuscare e svuotare il nostro sguardo verso il futuro, un futuro che vorremmo tutti improntato a pace, prosperità e sviluppo per i nostri figli e le generazioni a venire, dove la libertà degli esseri umani sia custodita da una visione di convivenza fraterna e rispetto reciproco.
Viviamo un momento di delicato passaggio, una vera e propria crisi dell’umanità, in cui il rischio di cedere all’afflizione e all’inerzia è forte, soprattutto quando la pervasività delle informazioni in tutti gli ambiti degli strumenti di comunicazione digitale ci sta facendo abituare alle scene di morte e alle fughe delle popolazioni perseguitate e attaccate. La conseguenza a questo dilagare d’immagine, e spesso anche di fake news propagandate per terrorizzare e angosciare, è l’indifferenza che ci congela nell’estraneità ai fatti svuotandoci della compassione, atteggiamento umano di chi sente e percepisce il dolore dell’altro e se ne fa carico. Come il buon samaritano lungo le strade di Gerico, che si prende cura del malcapitato oltraggiato dai briganti, non possiamo arrenderci né rassegnarci: per noi cristiani l’ultima parola non appartiene mai al male e alla morte, ma a Gesù, luce di vita e autore della pace, a causa del quale le tenebre non potranno mai prevalere.
In questa situazione noi cristiani, e con ogni donna e uomo di buona volontà, siamo chiamati a farci promotori di un annuncio di speranza, concreto e capace di profondità e di avvedutezza. È l’esigente bisogno di recuperare il senso della storia, il senso di Dio, il senso della fraternità e della sua vicinanza, quella di Dio, che ci spinge a non arrenderci allo sconforto e alla desolazione, ma a reagire con il dialogo di pace e la solidarietà fraterna, per non dimenticare e abbandonare nella lontananza dell’indifferenza chi in questo momento invoca dal Cielo aiuto e protezione e grida tutto il suo dolore e lo stridore della morte. Solo la solidarietà della prossimità abbatterà i muri separatori che ci isolano nell’egoismo della bolla della lontananza e spesso del ritiro sociale. Contro ogni impassibilità la nostra risposta dev’essere un coraggio operoso; questo ci impone di agire con uno sguardo generativo, ispirato proprio alla sequela di Cristo che, nel Vangelo di oggi, ci invita a non lasciarci trattenere dalle nostre cose, dalla logica del possesso, del mio: l’altro ci appartiene, l’altro mi riguarda. Ci chiede, Gesù, di avanzare dietro a lui per essere capaci di introdurre con forza e perseveranza, tra le funeste visioni di morte, i segni di un futuro benedetto e di una speranza che resiste e sopravvive alla cieca follia dell’uomo che, perdendo di vista la sua dignità, alza la mano contro suo fratello. Questa prospettiva, fratelli carissimi, ci impegna ancora di più a livello personale, ma altresì a livello comunitario, ed interpella con forza ogni responsabilità istituzionale. In tal senso l’esortazione che Sua Santità Papa Leone ha rivolto lo scorso giugno ai Vescovi della Chiesa in Italia risuona oggi con particolare urgenza anche nella nostra Repubblica, che è chiamata ad essere un faro di principi civili dove la convivenza, ispirandosi al Vangelo, dà spazio agli altri. Il suo messaggio chiama ogni comunità ad operare in modo concreto, divenendo testimone di valori evangelici che tutelano la libertà e la dignità di ogni persona. Affermava papa Leone: «Ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla non violenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono». Queste parole ci ricordano che «la pace non è un’utopia», né la possiamo affidare solo ai trattati diplomatici; è piuttosto «una via umile e al tempo stesso esigente, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione» e che deve trovare il suo fondamento proprio nelle azioni delle nostre istituzioni sovrane (cf. Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, 17 giugno 2025).
In voi, Eccellentissimi Capitani Reggenti, che oggi assumete il peso e l’onore dell’autorità custode della nostra tradizione, la nostra Comunità di San Marino riconosce i vigili custodi e i solerti garanti chiamati a rendere la nostra Repubblica la “casa della pace” a livello istituzionale, mantenendo saldo soprattutto l’impegno verso i valori cardine della libertà e della giustizia. Lo Spirito Santo vi guidi e illumini il vostro mandato.