I domenica di Quaresima

Omelia nel conferimento del Lettorato al Seminarista Paolo Santi

Pennabilli (RN), Cattedrale, 9 marzo 2025

Dt 26,4-10
Sal 90
Rm 10,8-13
Lc 4,1-13

Perché la Parola, Cristo, la vita eterna, la promessa della gioia infinita,
GERMOGLINO E FRUTTIFICHINO NEL CUORE DEGLI UOMINI.

In questa Prima domenica di Quaresima, il Signore ci conduce con Gesù, sospinti dal soffio dello Spirito Santo, nel deserto, nella condizione di aridità, nel luogo dove la polvere, la sabbia, non dà promesse di vita. Nel deserto Gesù è tentato dal demonio: lo Spirito, dunque, lo espone alla tentazione. Il diavolo, il divisore, colui che divide, ci frantuma, ci fa a pezzi, ci rompe in continuazione, ci riduce a polvere. Sì, a polvere, quella polvere che è il simbolo che abbiamo utilizzato all’inizio di questa Quaresima nella celebrazione delle Ceneri: «Ricordati che polvere sei e polvere ritornerai»; altresì abbiamo utilizzato la formula: «Convertiti e credi al Vangelo». Polvere e Vangelo, morte e vita. È dalla morte che il Signore ci risolleva, ci rialza, tendendoci la mano ci fa risorgere.

C’è un’ansia di rinnovamento che la nostra vita, la nostra storia, le cronache quotidiane che sono sotto i nostri occhi, gli eventi di tutti i giorni invocano, ma soprattutto interpellano, noi cristiani, noi battezzati, testimoni della speranza, attenditori della vita eterna, “cirenei della gioia”, diceva don Tonino Bello. Questa cronaca quotidiana dice a noi cristiani che è necessario, oggi più che mai, un cambiamento di rotta, quella che all’inizio della Quaresima abbiamo invocato e pregato come conversione. Che cos’è la conversione? Una svolta dalle abituali traiettorie, che ci portano verso la morte e mettono sul nostro volto aloni di tristezza e di dolore, per ri-orientarci verso Dio. Come si fa a ri-orientarsi verso Dio? Ce lo dice il Signore: «Camminando davanti a Lui», avendo lui di fronte a noi, il che non significa “mettersi al posto suo”, perché Gesù rimprovera Pietro affinché torni dietro a Lui. Quando adottiamo la mentalità del mondo e ci mettiamo al posto di Dio, pensiamo di essere autosufficienti; invece no, dobbiamo camminare “davanti a Dio” perché è il nostro fine e, mentre camminiamo verso Lui, Lui viene incontro a noi, ma dietro a Gesù, perché discepoli di una Parola che ascoltiamo, una Parola di Vita, che ci invita a camminare nel solco delle promesse, che Lui ci ha fatto, di gioia e di vita piena. Ebbene, in questo momento, così come pregheremo sulle offerte per il Sacrificio eucaristico, abbiamo bisogno di RINNOVARCI, di cambiare, di svoltare. Che cosa diremo al Signore mentre presentiamo il pane e il vino?

Si rinnovi, Signore, la nostra vita e, con il tuo aiuto, si ispiri sempre più al sacrificio che santifica l’inizio della Quaresima, tempo favorevole per la nostra salvezza (Preghiera sulle offerte).

Viene precisato il carattere di questa svolta, viene definita la traiettoria da individuare nelle mappe delle nostre giornate, viene precisato il percorso di rinnovamento da fare: siamo invitati a RINNOVARCI ISPIRANDOCI AL SACRIFICIO DI CRISTO che santifica l’inizio della Quaresima.

A quale sacrificio si fa riferimento? Abbiamo pregato con queste parole nel giorno delle Ceneri: iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione per affrontare vittoriosamente, con le armi della penitenza, il combattimento contro lo spirito del male (Colletta del Mercoledì delle Ceneri). Un cammino di vera conversione che ci porta, nell’aridità del deserto, a combattere lo spirito del male. Ecco il sacrificio che ci viene chiesto: un combattimento che troverà il suo esito finale nel duello tra vita e morte sulla croce.

Il nostro cammino di rinnovamento, dunque, deve produrre la vittoria sullo spirito del male, sull’angoscia della morte, sul brivido dello smarrimento che proviamo quando, come uomini e donne, e come storia, viviamo lontani dalla luce, lontani da Dio, e in questa lontananza ci sono solo «pianto e stridore di denti».

Nel cuore di ognuno di noi agiscono due desideri: innanzitutto il desiderio della gioia, che è mosso dallo Spirito Santo che abbiamo ricevuto il giorno del Battesimo e che ci è stato confermato in maniera piena nel giorno della Cresima, ma c’è anche un’altra tendenza (tentazione) che è il desiderio di pienezza, che vuol colmare il vuoto delle mancanze, il vuoto che è creato dalla condizione mortale. Questi due desideri diventano bisogni e CI DIVIDONO tra, come dice l’Apostolo, l’aspirare alle cose del Cielo e all’attesa dell’incontro con Dio e il trascinamento che si avvera nelle soddisfazioni terrene, che consumano e distruggono l’unità della nostra persona: MENTE, CUORE, CORPO e ANIMA. Se non teniamo insieme queste quattro parti in Dio e non le orientiamo al desiderio di gioia che si compie in Lui, saremo sempre frantumati, divisi, strappati, delusi, morti. Il diavolo trascina Gesù nel deserto e continua a trascinare noi uomini verso le soddisfazioni dei desideri… Ma a che prezzo? «Se vuoi tutto questo, se fai questo, se veramente credi in una fede che può realizzare i tuoi desideri, che soddisfa il tuo bisogno: “Adorami”». Ed è in quel momento che sottoponiamo la nostra vita al peccato, rinunciando alla sovranità della libertà che ci permette di deciderci per Dio, per la gioia. Non scendiamo a compromessi! Il compromesso con il Tentatore insinua un’idea di libertà che è pericolosa, una libertà che è affidata al potere della morte, perché «tutto è vanità» (Qo 1,2). «Ricordati che polvere sei e polvere ritornerai». Per essere felici non dobbiamo fare quello che vogliamo, non ci dobbiamo buttare avidamente su tutto quanto ci ricolma, ci soddisfa. La felicità è un desiderio che ci fa reagire alla tristezza, all’angoscia, all’amarezza, non è una soddisfazione che ci consuma.

Come Gesù, anche noi siamo chiamati a vincere l’attrazione verso il bisogno che si consuma nel terreno alzando lo sguardo a Dio, ridando l’ORIGINE, l’INIZIO, proprio a Dio e al nostro desiderio di vita e di pienezza che si consegna a quella Parola che viene da Dio. Ed è questa origine, questa Parola di Vita, che si rivela in Cristo Gesù, che dobbiamo invocare. Ecco il motivo della preghiera di Colletta di questa domenica:

Perché nutriti con il pane della Parola e fortificati dallo Spirito, vinciamo le seduzioni del maligno (Colletta I Quaresima, Anno C).

In queste angustie, in questi declini della ragionevolezza, nello smarrimento del nostro quotidiano, non possiamo pretendere di vincere il maligno – è Gesù che l’ha vinto per noi – ma siamo chiamati ad urlare a Dio di venire in nostro soccorso, di liberarci dalla tentazione, di sollevarci verso l’Alto, perché il nostro anelito di pienezza non sia ridotto al sacrificio della soddisfazione. Dio non ci lascia da soli, Lui stesso, come abbiamo pregato nel Salmo, ha detto:

Lo libererò perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome (Sal 90,91).

È questa la Parola che salva: annunciare il nome di Dio, il suo amore, la sua misericordia, la Vita. La Parola ci custodisce nella promessa e nell’attesa della Gioia, ci guida e ci eleva al di sopra della polvere, ci consegna alla promessa di eternità. Solo la Parola può nutrire di speranza la nostra vita.

Ecco, quindi, il senso del ministero del Lettorato, che partecipa alla funzione evangelizzatrice della Chiesa per la salvezza degli uomini, destinati alla morte senza Dio. Questo annuncio di salvezza deve avvenire proprio attraverso la proclamazione della Parola nella liturgia e con l’esempio della vita nell’esistenza quotidiana. Gesù ci ha affidato, in Galilea, tramite gli apostoli, il mandato di «ANNUNCIARE A TUTTI GLI UOMINI IL VANGELO, LA PAROLA DI VITA». È quella fedeltà che dobbiamo riscoprire ogni giorno, prima ancora che di proclamatori, di persone cristiane e discepoli che accolgono la Parola. Una Parola che, come ci ricorda Paolo richiamando Mosè, è «vicino a te, sulla tua bocca e nel tuo cuore» (cfr. San Paolo che riprende Deuteronomio), perché il nostro è un Dio che è reso vicino proprio dall’ascolto della Parola. Non è un lontano, non è estraneo, non è nell’immaginario, è presente nella Parola viva.

Dall’annuncio della Parola dev’essere provocato l’ascolto che riavvicina l’uomo a Dio, allontanandolo dal buio della sua “assenza” e da quelle strade di crepuscolo della fede che spingono l’umanità, come assistiamo quotidianamente, con le guerre e le violenze, verso il baratro, la distruzione, la riduzione a macerie, a polvere.

Caro Paolo, come Lettore sei oggi istituito per proclamare  la Parola nell’assemblea liturgica; per curare la preparazione di fanciulli, giovani e adulti alla comprensione della Parola di Dio; per portare l’annuncio missionario della Parola di salvezza nella tua storia, intorno a te, testimoniando con la tua vita la speranza della Parola per essere un credibile annunciatore; ma soprattutto sei chiamato a vivere un ministero, che è un servizio all’altro, con il martirio, la testimonianza vera di una vita che aderisce con gioia alle promesse di speranza e non si lascia sedurre  da quelle che sono semplicemente promesse futili, realizzazioni inutili, gioie a breve termine, che consumano. Sarai testimone per essere un credibile annunciatore, ma soprattutto, prima ancora sarai, sempre e comunque, come tutti i battezzati, un fedele discepolo della Parola, che è Cristo Gesù, nostro Signore.

«Fa’ che, nella meditazione assidua della tua Parola – come pregheremo nel rito di benedizione per l’istituzione del Lettorato –, ne sia intimamente illuminato per diventarne fedele annunziatore ai tuoi fratelli (dalla preghiera del rito di istituzione del Lettore). Perché la Parola, Cristo, la vita eterna, GERMOGLI E FRUTTIFICHI NEL CUORE DEGLI UOMINI.