A sette anni ho visto su un giornalino per ragazzi la foto di un missile e da quel momento sono rimasto affascinato da tutto quello che l’uomo costruisce (tecnica) e, crescendo, dalla bellezza dell’universo e delle leggi che lo regolano (scienza e matematica). Poi da giovane ho avuto la fortuna di conoscere dei sacerdoti che mi hanno aperto la mente al metafisico; scienza e fede sono diventate le mie due passioni e per tutta la vita ho cercato di capire il legame che c’è fra loro, seguendo il monito di Pietro: “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15). Molti pensano che scienza e fede siano in antitesi, in contrapposizione, che non possono stare assieme; io credo invece che siano aspetti complementari della vita, dell’uomo; come le due facce di una medaglia, il nord e il sud di una calamita o il + e il – di una batteria.
La scienza ha come obiettivo quello di spiegare la realtà fisica del mondo in cui viviamo e per far questo utilizza il metodo scientifico, basato sull’osservazione e sulla ripetibilità dell’esperimento e il linguaggio della matematica, trovando quelle che noi chiamiamo le leggi di natura. Specialmente negli ultimi decenni, la scienza ha fatto dei progressi prodigiosi rispondendo sempre più ai problemi dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande. Le domande che si pone la scienza sono del genere: perché esiste l’universo? Perché non esiste il nulla? Perché l’universo è fatto così? Perché ha proprio queste caratteristiche?
Sulla teologia non sono competente ma credo che i teologi abbiano prospettive differenti rispetto agli scienziati: più che le analisi dei dati, dei fenomeni, delle operazioni, delle energie, delle strutture siano più interessati alle questioni prime e ultime del significato e delle finalità, ai valori, agli ideali, alle norme e ai comportamenti con domande del tipo: da dove viene l’universo e a che scopo? Da dove viene l’uomo, e dove va? Qual è la causa ultima e il senso ultimo di tutta la realtà? Che cosa devo fare io? Qual è il senso dell’amore? Della sofferenza? Della colpa? A che scopo siamo sulla terra? La morte, il nulla sono la soluzione finale? Esiste Dio?
Se, ad esempio, ci chiediamo: com’è nato l’universo? Il mondo? Nella Bibbia, troviamo in Genesi 2,31 questa risposta: da Dio in sei giorni. Secondo la scienza, dal Big Bang avvenuto 13,8 miliardi di anni fa.
Per centinaia di anni la Chiesa ha litigato con gli scienziati (ricordate Galileo Galilei? Condannato, “eppur si muove”…) su questo fatto e, probabilmente, avevano ragione tutti e due: la scienza per l’aspetto fisico della questione, la Bibbia perché voleva far capire all’uomo che, come Dio, doveva lavorare sei giorni e il settimo riposarsi per pensare a Lui (l’importanza del “sabato”, per noi oggi la “domenica”).
Penso sia giunto il tempo di rivedere completamente il rapporto tra scienza e fede; di ripensare il loro rapporto reciproco: non più “l’un contro l’altro armati”, no a un “volemose bene” perché tanto parliamo, grosso modo, delle stesse cose ma orientarsi, invece, verso un modello di complementarietà dei due ambiti. Come fare questo?
Un percorso potrebbe essere il seguente: no agli assolutismi; sia la scienza che la teologia hanno dei limiti, ambedue hanno bisogno di fare autocritica per come si sono comportate in passato; riconoscere le differenti prospettive e cercare di superare il proprio limitato campo visivo per tentare uno sguardo d’insieme dei fatti e delle teorie. Lo scienziato dovrebbe talvolta alzare lo sguardo dai propri strumenti e il teologo uscire dalla propria chiesa per ritrovarsi in quel Cortile dei Gentili, un luogo, cioè, dove uomini di cultura, scienziati, filosofi e teologi si incontrano per individuare, assieme, i temi di dibattito più problematici perché divengano – invece che motivi di scontro – occasioni di dialogo e opportunità di arricchimento reciproco. Ognuno, naturalmente, con la propria autonomia e distinzione.
Una volta capito che i ruoli e gli obiettivi della scienza e della religione sono diversi possiamo affermare, se non abbiamo pregiudizi, che la scienza non è adatta a spiegare e a comprendere Dio perché Lui non è misurabile (il metodo scientifico non vale) e non è un essere fisico (le leggi fisiche e matematiche non valgono per Lui). Questo significa che la scienza non può dir nulla su Dio, né che esiste, né che non esiste; né che è fatto così, né che ha fatto questo o quello. Non è il suo compito dimostrare se Dio esiste o non. Così come la religione non è adatta, non è suo compito, spiegare e comprendere le leggi del mondo fisico e allora l’uomo usa la filosofia, la teologia per avvicinarsi a Dio, per cercare di capire com’è fatto e cosa vuole da noi; capire questo è fondamentale. E allora? Ognuno, in libertà e secondo coscienza, cercherà la risposta: è un salto senza paracadute. L’uomo, d’altronde, è abituato a questo: nella scelta degli studi, il lavoro, il matrimonio, i figli, ecc., anche la scelta se credere o no in Dio è così.
Vorrei terminare con alcune considerazioni, brevissimi flash, sulla scienza.
Sappiamo per certo che la scienza ha dei limiti anche nello spiegare il mondo fisico: vedi il principio di indeterminazione di Heisemberg, o la teoria del caos per sistemi dinamici complessi o il teorema di incompletezza di Godel e tanti altri; non può quindi offrire sempre verità conclusive e definitive. E allora, come può la scienza rispondere a come nasce la coscienza? O cosa c’è alla base della compassione, dell’innamoramento, della responsabilità morale, della libertà o del libero arbitrio? Cioè della capacità dell’uomo di darsi valori e scopi e di perseguirli nell’agire? La musica di Beethoven è solo un fatto fisico? L’amore è solo chimica? Non credo di essere stato assieme a Rita per 66 anni solo perché ci si erano incollate le molecole!
Fino alla domanda fondamentale che si pone l’uomo: “esiste Dio?”. Mi sembra chiaro che il problema dell’esistenza di Dio non è una domanda che può essere posta alla scienza; essa non può dare risposta, né in positivo, né in negativo. Può svolgere però un ruolo importante nella ricerca di Dio da parte dell’uomo; la scienza facilita, predispone alla comprensione di Dio (almeno questa è la mia esperienza) perché più capiamo le leggi che regolano l’universo e più ci meravigliamo della bellezza, straordinarietà, sapienza, saggezza della vita. Meraviglia per la creazione, per la creatura e stupore incredibile per la bravura del Creatore (la Bibbia stessa ci dice che Dio era “molto soddisfatto”). Ci credo: regolare il movimento delle galassie o di un atomo o il volo di una farfalla (vedi foto) con la stessa semplice legge: F = ma; oppure l’esplosione di una supernova, di un buco nero, di una stella, o la fiammella di una candela o della bomba atomica, la stessa semplice legge: E = mc².
La scienza non è solo conoscere meglio la realtà che ci circonda e scoprire le leggi che regolano la natura e l’universo ma ci porta a cogliere, attraverso il creato, la grandezza, l’intelligenza, l’amore di Dio per ogni sua creatura, ci fa vedere la bellezza della natura e la grandiosità del cosmo, tutto ci parla di Lui e del suo amore, rimaniamo attoniti, stupiti, senza parole e pieni di gratitudine per il più bel regalo che Dio abbia fatto agli uomini: l’intelligenza capace di ragionare sull’infinito, sugli infiniti infiniti, di superare il limite dello spazio-tempo, di intuire qualche prerogativa caratteristica di Dio e pian piano, conoscendolo sempre meglio, volergli sempre più bene.
Renzo Baldoni, Direttore di “Mateureka” a Pennabilli
