“Prepara una lezione di 4 ore in 10 minuti con l’intelligenza artificiale!” annuncia un banner pubblicitario su un sito web. Nasce una domanda: è davvero possibile dedicare soli 10 minuti alla preparazione di una lezione di un’intera mattina di scuola? Quali sono i tempi e i ritmi dell’educazione?
Cinque righe e quattro spazi. Un pentagramma. Note piene e vuote. Una durata. Due quarti e sei ottavi. Un tempo. Semplice o composto. Come l’educazione.
Nello spartito di un legame formativo ci si accorda. Si lavora a rallentare le accelerazioni o ad accelerare le lentezze. Poche regole essenziali. Tanto allenamento. Tanto ascolto, reciproco e della vita, perché ogni voce risuoni libera, trasformata e trasformativa. La pedagogia del tempo risuona, a tratti incalzante, più spesso sospesa. Come un direttore di coro imprimi nell’aria i tuoi cenni. Ampi e incoraggianti, per rendere il suono più intenso ed il ritmo serrato. Leggeri e minimali per raccogliere l’intimità delle vibrazioni e allargare lo spazio dell’interiorità. Attendi, esponendoti all’imprevedibile.
Una certezza. In ambito educativo ognuno ha il suo tempo di comprensione, apprendimento e ri-traduzione. Un tempo per crescere, sperimentare, scegliere, per chi è in formazione. Un tempo per custodire, pensare, mettersi in discussione, per chi l’accompagna.
La pedagogia del tempo educa al rispetto, appella alla flessibilità, ad un cambio di passo continuo. Impresa non facile. Ci si sente sempre un po’ inadeguati.
Si educa in un contesto temporale specifico, negli ultimi anni fortemente correlato alla tecnologia e all’intelligenza artificiale (IA), in un atto sospeso tra futuro e memoria.
Il tempo dell’intelligenza artificiale è un tempo a favore o un tempo contro per l’educazione?
Il suono del tempo, da continuo e fatto di parole lunghe, come nell’età dei segnali analogici è diventato breve, discreto, sintetico e sintetizzato. L’IA generativa ha introdotto una varietà di cambiamenti. Anche il linguaggio si modifica. Il campo semantico dell’apprendere acquisisce sfumature inedite. Ad imparare non è solo l’uomo. Nel linguaggio tecnico, che sempre più contamina le espressioni proprie del quotidiano, anche la macchina “apprende”. Tra l’apprendimento automatico (machine learning), ed i suoi algoritmi che imparano dai dati, l’apprendimento profondo (deep learning), il meta apprendimento (meta-learning), anche l’“educazione” diventa più artificiale.
L’IA ha avviato un processo di ri-semantizzazione. Tanti termini hanno subito una completa ridefinizione. Non si tratta della semplice introduzione di neologismi, ma di una ri-significazione.
Il tempo è uno dei concetti di cui l’IA sta trasformando profondamente il senso. Anche nell’educazione.
Con l’IA il tempo non si osserva (come nel paradigma tecnico-scientifico), non si contempla, semplicemente si computa. Tutto il tempo che non è calcolabile, rischia così di essere trascurato. Di essere tempo perso. È perso il tempo del silenzio. È perso il tempo dell’ascolto, della ricerca, dell’attesa… Nell’armadio del tempo perso si nascondono però infinite storie di legami formativi, centinaia di lezioni preparate con premura mentre si richiamano alla mente volti e storie dei ragazzi affidati. È quel “tempo perso” a dare senso al legame e valore al lungo processo dell’imparare, del crescere.
Nella dicotomia tra kairos e cronos, l’IA immette un terzo tempo: il tempo come un dato, legato alle informazioni che continuamente immettiamo sulla rete con i pc, gli smartphone o con i sensori presenti in ogni angolo delle nostre strade e che addestrano le applicazioni basate su IA, anche quelle che promettono di aiutarti a preparare una lezione di 4 ore in 10 minuti.
A fronte dell’accelerazione del ritmo della vita ci si sente in apnea di tempo. Si cerca il tempo nelle miniere svuotate delle giornate vivendo la frustrazione di non riuscire a produrre altro tempo. L’illusione della velocità e del multitasking, alimenta questa angoscia.
Anche la conoscenza, che trae la propria forza da ciò che è stato e ciò che sarà, è travolta. Il sapere si condensa più facilmente nell’informazione priva di tempo e di memoria, fugace, mercificabile. Risultano menomati tutti i vissuti umani che si nutrono di una durata: l’attesa, la promessa, la fedeltà.
Il tempo-vivo è invece il tempo senza misura che sfugge al controllo, il tempo dell’interiorità, il tempo della relazione. È un tempo possibile anche in questo tempo.
Le tante applicazioni basate sull’IA sono utili in tutti quei processi, prevalentemente standardizzati, che burocratizzano l’ambito dell’educazione. Possono fornire suggerimenti, essere di aiuto per le lezioni. Difficilmente possono sostituire un docente che prepara una lezione e quell’incontro unico che nasce nel conoscere personalmente e profondamente i propri studenti. Resta una domanda: come può essere impiegato, nell’ambito della relazione educativa, quel tempo che l’IA ti fa risparmiare?
Suor Simona Ibba, monaca agostiniana a Pennabilli
