“Il colore dei papaveri” (deriva da un gioco che i bambini facevano con i boccioli dei papaveri ancora non aperti) è il titolo del romanzo di Valentina Galli, insegnante di Pennabilli, laureata in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna, nonché sceneggiatrice e soggettista di alcuni cortometraggi e video musicali (Piove, Nevica, Ancora). Ha collaborato con il giornalista e scrittore Salvatore Giannella alla realizzazione della biografia di Gianfranco Giannini “Gianni, il civismo è il profumo della vita”.
Ambientato negli anni ’40 parla di una ragazza e di un ragazzo che abitano in un piccolo borgo di montagna a cui fanno da sfondo i Sassi, due maestosi promontori. Dina è una giovane ragazza che vive con la madre, ai cui occhi è invisibile, l’amata sorella Marietta e la nonna Linda. Immersa nel suo piccolo mondo, vive i riti quotidiani, i ritmi della natura insieme al suo amico Guido, compagno di scuola e vicino di casa, con il quale esplora e scopre i misteri della montagna. La serenità e la tranquillità di quel luogo vengono però sconvolte dall’arrivo della guerra che turba la ragazza facendole capire che la realtà non è sempre classificabile, priva di sfumature e che le persone non sono quello che sembrano. L’arrivo della guerra segnerà per loro l’ingresso nell’età adulta. Abbiamo intervistato l’autrice Valentina Galli.
Valentina che cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo e a scegliere l’ambientazione?
Sin da quando ero bambina ho sempre avuto la passione per la scrittura e la lettura. La narrazione, perciò, ha sempre rivestito un ruolo importante nel corso della mia esperienza, mi è sempre piaciuto ascoltare i racconti dei miei nonni. Sentire le loro testimonianze mi ha portato a riflettere sui grandi fatti della storia e su come questi possono influire sulle vite delle persone comuni che hanno abitato il nostro territorio. In particolare ho tratto ispirazione dalle storie di mia nonna Zaira che ha vissuto la prima giovinezza nel borgo di Ca’ Barboni (Sestino).
Perchè attribuisci particolare rilievo alle figure di nonna Linda e di Marietta?
Il romanzo è attraversato, quasi nella sua interezza, da una linea femminile che è rappresentata principalmente dalla nonna Zelinda, detta Linda, e dalla sorella maggiore di Dina, Marietta. Entrambe rappresentano la realtà famigliare, ma anche i modi di vedere il mondo, di leggere la realtà e interpretarla. In particolare Linda rappresenta, in un certo senso la natura, la terra che conserva le conoscenze antiche e la saggezza antica e tramandata per generazioni dagli avi. Nel rappresentare questi personaggi mi sono ispirata alle donne della mia famiglia che mi hanno insegnato ad andare avanti sempre, nonostante le difficoltà. Ho pensato, inoltre, a tutte quelle donne che durante la guerra hanno continuato a proteggere la famiglia, i bambini e a difendere il proprio mondo sconvolto dalla violenza dell’occupazione.
Come si può considerare la storia di Guido e Dina?
La vicenda di Guido e Dina è la storia di una perdita, la perdita dell’infanzia, dell’ingenuità, la perdita di sé stessi, delle proprie certezze, la perdita del mondo quotidiano e sicuro, la perdita degli affetti, anche quelli più cari. Questa, però, è anche una storia che racconta che si può andare avanti con le ferite del passato sulla pelle, nonostante tutto.
Per la figura di Johann, uno dei due medici tedeschi, ti sei ispirata ai racconti di guerra di tua nonna?
Mia nonna mi ha raccontato che durante l’occupazione di Cà Barboni furono proprio due medici tedeschi a soccorrere sua madre malata che guarì grazie alle loro cure; questo episodio rimase fortemente impresso nei suoi ricordi di bambina. Pur essendo parte di un esercito, questi personaggi rappresentano un’individualità e prima di essere soldati erano, appunto, dei medici e aiutavano chi stava male a prescindere dalla fazione o dal colore della divisa. Rappresentano quel barlume di umanità che sopravvive laddove sembra esserne smarrita ogni traccia. L’episodio si ricollega al tema delle sfumature che attraversa tutto il romanzo e che prende forma nelle parole di Guido che afferma: “C’è sempre un passaggio sulla linea del confine, non è tutto bianco o nero, in mezzo ci sono una infinità di spaventose e bellissime sfumature”.
Quindi possiamo affermare che “Il colore dei papaveri” è un libro di formazione in quanto Dina diventa l’erede, attraverso l’insegnamento della nonna, della conoscenza antica. La sapienza degli anziani è un tesoro prezioso che deve essere tramandato alle future generazioni per aiutare i giovani a comprendere la storia, ad imparare dall’esperienza del passato per costruire un futuro migliore e a lavorare per un mondo più giusto. Non a caso Valentina – mi piace chiamarla per nome con una punta di orgoglio, perché è stata una mia alunna – ha dedicato il suo romanzo ai suoi nonni e, in particolare alla nonna Zaira, dai cui racconti, come dice l’autrice, nelle fredde sere d’inverno, ha trovato ispirazione per scrivere il suo romanzo.
Virginia Ragnetti
